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Docente insegna senza titolo

Un interessante caso di cronaca è quello di una docente che ha insegnato in un Istituto Comprensivo emiliano apparentemente sprovvista dei titoli necessari.
Avvenimenti di questo genere non sono nuovi. Nello scorso novembre un caso analogo ha coinvolto una 41enne, nel brindisino. Più eclatante tuttavia è la notizia di un’altra donna che, per vent’anni, avrebbe insegnato in più Istituti superiori brianzoli, sprovvista delle necessarie abilitazioni.
In questo caso le accuse sono ben più gravi. Secondo gli inquirenti, infatti, grazie alla finta laurea in Psicologia, dal 1999 avrebbe anche avviato la professione di psicanalista.

La responsabilità penale e civile

Al di là dell’aspetto etico delle vicende, la falsa attestazione di titoli è un reato, ai sensi dell’Art. 495 del Codice Penale. L’autore del reato, giudicato colpevole, oltre alla possibile iscrizione al Casellario Giudiziario, potrebbe essere inoltre sottoposto al pagamento di una di una sanzione. Il ministero inoltre, in qualità di parte lesa, potrebbe richiedere, in sede civile, la restituzione degli emolumenti impropriamente erogati.

La responsabilità amministrativa della scuola

Nel processo potrebbe appalesarsi inoltre una precisa responsabilità amministrativa dell’Amministrazione scolastica che non ha ottemperato ai controlli.
La valutazione e verifica dei titoli di accesso all’insegnamento, anche finalizzate all’accesso ai concorsi o alle graduatorie di istituto, sono di competenza dei singoli Istituti.
Ai sensi dell’Art. 8, comma 8, dell’Ordinanza Ministeriale 112/2022, è il Dirigente scolastico responsabile dei controlli. Effettuato il controllo, il Dirigente scolastico, dovrà comunicare, con apposito provvedimento, l’esito della verifica all’Ufficio territoriale competente.
In caso di esito negativo il Dirigente valuta e decide sulle derivanti determinazioni, anche ai fini della responsabilità penale di cui all’Art. 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
La mancata o carente verifica potrebbero comportare la responsabilità amministrativa del Dirigente e il conseguente danno erariale.

Il profilo assicurativo

Occorre premettere, innanzitutto, che l’assicurazione non risarcisce la responsabilità penale, né le sanzioni amministrative pecuniarie derivanti. Conseguentemente, l’unica copertura assicurativa, in questo caso, è quella eventualmente legata alla Tutela Legale, limitatamente tuttavia al caso di colpa.
Nel caso delle polizze assicurative scolastiche tuttavia, occorrerà fare un’ulteriore attenzione in quanto, di norma, escludono i rapporti di lavoro.
Circa la responsabilità amministrativa del Dirigente, circa il mancato o insufficiente controllo, è opportuno che quest’ultimo abbia sottoscritto una polizza per la tutela della Responsabilità Civile.
Le polizze scolastiche, nel rispetto della normativa prevista dalla Finanziaria 2008, escludono questa garanzia. La stipula del contratto e il pagamento del relativo premio, in questo caso, sono ad esclusivo carico del soggetto assicurato.

Se desideri maggiori informazioni in relazione ai rami di Responsabilità Civile e Tutela Legale delle polizze assicurative scolastiche, contattaci qui.  

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Infortunio: la responsabilità del datore di lavoro e dell’ente

Sul tema delle responsabilità nei casi di infortunio, ci sembra interessante evidenziare la recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, del 25 gennaio 2021 n. 2848.
La suprema Corte ha ribadito alcuni importanti principi nella materia degli infortuni sul lavoro. I principi riguardano sia alla responsabilità penale del datore di lavoro, sia alla responsabilità amministrativa dell’ente.

La responsabilità diretta del Datore di lavoro

Nel merito della responsabilità, la Corte ha ricordato che “il datore di lavoro […] è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro”.
Inoltre, “nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro e di coloro che rivestono una posizione di garanzia rispetto alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente o imprudente del medesimo lavoratore infortunato, quando l’evento sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Sul punto, si è pure precisato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro. Anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni”.

La responsabilità amministrativa dell’Ente

Sul fronte della responsabilità amministrativa, la Corte ha affermato che “In materia di responsabilità amministrativa con riguardo all’Art. 25-septies D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale […]. In altri termini, nei reati colposi, l’interesse e/o vantaggio si ricollegano al risparmio nelle spese che l’ente dovrebbe sostenere per l’adozione delle misure precauzionali. Ovvero nell’agevolazione dell’aumento di produttività che può derivare, per l’ente, dallo sveltimento dell’attività lavorativa, ‘favorita’ dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, ne avrebbe ‘rallentato’ i tempi”.