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Docente multata per doppio lavoro

Una docente, di un Istituto superiore della Toscana, è stata multata dalla guardia di finanza perché svolgeva un doppio lavoro senza autorizzazione. Lo riporta un articolo de “la Repubblica”.

Il fatto

Una professoressa di una scuola superiore della provincia di Pistoia, da un paio d’anni, si era dedicata alla vendita online di integratori alimentari.
La docente svolgeva regolarmente il proprio incarico di insegnante e, nel tempo libero, vendeva on-line integratori alimentari per una società specializzata.
Su richiesta dell’Ispettorato per la Funzione Pubblica, la Guardia di Finanza ha aperto un’indagine, attraverso il Nucleo Speciale Anticorruzione di Roma.
Dagli atti prodotti risulta che, nei due anni di attività, la professoressa avesse percepito circa 10.000 euro di provvigioni. Tuttavia, per svolgere quest’attività, la docente non aveva mai richiesto la preventiva autorizzazione al Ministero dell’Istruzione e del Merito, da cui dipende.
Il danaro percepito dovrà ora essere versato all’Amministrazione di appartenenza e sarà destinato ad incrementare il fondo dell’Istituto.
Contestualmente anche all’azienda che aveva impropriamente conferito l’incarico, sono state comminate sanzioni amministrative per circa 2.500 euro.

La normativa sul pubblico impiego

Sulla base dell’Art. 53 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, i dipendenti pubblici non possono svolgere un doppio lavoro. La violazione della norma può comportare una sanzione amministrativa che può arrivare fino al licenziamento.
Il divieto è inoltre confermato dalla magistratura contabile, che controlla l’operato della Pubblica Amministrazione.
Il comma 6, dello stesso articolo tuttavia prevede delle eccezioni.
Tra queste la collaborazione con giornali o riviste, l’organizzazione di seminari, gli incarichi sindacali e le attività formative all’interno della Pubblica Amministrazione.
Il dipendente pubblico, senza incorrere in infrazioni, potrà anche incassare i proventi derivanti da brevetti o il rimborso documentato di spese legate ad incarichi specifici. Allo spesso modo, il dipendente potrà stipulare contratti di prestazione d’opera qualora si trovasse in aspettativa.
L’attività comunque non dovrà essere in contrasto con i principi di esclusività e incompatibilità del pubblico impiego.
In tutti gli altri casi, prima di intraprendere qualsiasi attività aggiuntiva, al fine di evitare conseguenze legali è necessario ottenere l’eventuale autorizzazione, se necessaria.

Il profilo assicurativo

Le polizze assicurative non risarciscono mai le multe o le ammende. Le sanzioni infatti hanno, come prerogativa, il carattere afflittivo e dissuasivo.
L’ordinamento giuridico non permette che l’autore del comportamento illecito possa essere affrancato, attraverso la copertura assicurativa, dal peso della sanzione. Se così fosse verrebbe vanificata la tutela dell’interesse pubblico.
Dal punto di vista assicurativo, l’unica possibilità concessa è quella legata alla stipula di una polizza di Tutela Legale. In questo caso la docente potrebbe vedersi riconosciute le eventuali spese, che dovesse sostenere in sede civile o penale, avverse al procedimento.
Da ultimo la polizza assicurativa scolastica non prevede la tutela di questo tipo di evento in nessun ramo, poiché esterno all’oggetto dell’assicurazione stessa.

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Docente colpita con una pistola ad aria compressa

Torna a far discutere il caso della docente di Rovigo che, nell’ottobre del 2022, è stata bersagliata in aula con una pistola ad aria compressa.
La Procura dei Minori di Venezia ha chiesto l’archiviazione della procedura aperta nei confronti di 21 studenti della classe perché l’accaduto non è penalmente rilevante. Lo riporta un articolo de “la Repubblica”.

Il fatto

L’episodio risale all’11 ottobre del 2022, in una classe prima dell’ITIS Viola – Marchesini di Rovigo. Un alunno quattordicenne colpiva la docente con due pallini di gomma, sparati da una pistola ad aria compressa. Un secondo alunno riprendeva la scena con lo smartphone per poi condividerla sui social-media.
Un terzo alunno, il proprietario della pistola, dopo il gesto, provvedeva a farla sparire, gettandola dalla finestra. Nel corso dell’accaduto l’intera classe assumeva comportamenti canzonatori, ridicolizzando e deridendo l’insegnante.
L’episodio tuttavia raggiunse gli onori della cronaca non tanto per le conseguenze fisiche riportate dalla professoressa ma per la valutazione comportamentale degli autori del gesto.
Il consiglio di classe, alla fine dell’anno, nonostante la sospensione con frequenza obbligatoria, aveva dato 9 in condotta all’autore del gesto e 8 all’alunno che aveva ripreso la scena.
La decisione venne presa alla luce dell’attività di volontariato imposta agli studenti e del percorso psicologico intrapreso. Il consiglio tenne in considerazione anche l’impegno nello studio dimostrato, dagli autori del gesto, dopo l’accaduto.
Solo il clamore dei media, l’intervento degli ispettori scolastici e la presa di posizione del Ministro hanno fatto ritornare sui loro passi i docenti. Agli alunni i voti in condotta furono abbassati a 7 e 6 ma venne comunque garantita loro la promozione.
Nel marzo del 2023, la professoressa fu convocata al Senato nell’ambito dell’approfondimento parlamentare sul contrasto agli episodi di violenza nella scuola.
L’insegnante, attraverso i suoi legali, presentò tuttavia una denuncia al Tribunale dei minori contro tutta la classe per lesioni, oltraggio, diffamazione e atti persecutori.

L’archiviazione del procedimento

Il 15 luglio, la Procura dei Minori di Venezia, ha chiesto l’archiviazione del procedimento per oltraggio nei confronti dei 21 studenti della classe. Rimane aperto invece il procedimento nei confronti dei 3 ragazzi direttamente coinvolti nel gesto. Lo riporta un articolo de “il Corriere”.
Secondo i magistrati: «Deridere in massa un’insegnante che viene presa come bersaglio con una pistola ad aria compressa non è un fatto penalmente rilevante».
Al di là delle critiche più che prevedibili, il fatto che il gesto non sia penalmente rilevante non esclude che l’accaduto possa avere altre conseguenze.
La procura infatti, ha sentenziato esclusivamente in relazione all’aspetto penale e solo per gli alunni non direttamente coinvolti, lasciando aperto il procedimento in sede civile.
In altre parole, qualora venisse provato un danno di carattere psicologico o professionale, gli autori del gesto potrebbero doverne rispondere di fronte al giudice civile.

Il profilo assicurativo

Ipotizzare dei rimborsi assicurativi, in questa fase, coi procedimenti ancora in corso, è certamente prematuro. A prescindere dall’ipotesi di reato per i diretti autori del fatto, sarà solo il giudice civile a stabilire se esiste un danno, chi sono i responsabili e l’ammontare del risarcimento.
Occorre comunque considerare che, ai sensi dell’Art. 1900 del Codice Civile, assicuratore non è tenuto al rimborso dei sinistri cagionati con dolo o colpa grave. In alcuni casi tuttavia, limitatamente alla colpa grave, il contratto assicurativo, potrebbe tuttavia prevederne la copertura.

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Divieto dei cellulari in classe

L’11 luglio scorso il Ministero dell’Istruzione ha emanato una Circolare relativa all’utilizzo degli smartphone in classe. La Circolare riprende la Nota n. 107190 del 19 dicembre 2022 relativa all’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici.

Il contenuto della Circolare

In premessa, la Circolare cita il Rapporto Unesco: “Global education monitoring report, 2023: technology in education: a tool on whose terms?“. Il documento evidenzia il legame negativo tra l’uso eccessivo delle
Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (in inglese ICT), e il rendimento degli studenti. «La semplice vicinanza a un dispositivo mobile – riporta la Circolare – distrae gli studenti provocando un impatto negativo sull’apprendimento».
A supporto di quanto espresso viene anche citato il Rapporto OCSE PISA 2022 che evidenzia come l’utilizzo degli smartphone faccia diminuire il livello di attenzione.
Il divieto degli smartphone tenderebbe anche a ridurre gli effetti della sindrome dell’Hikikomori che, come rileva Save the Children, sta raggiungendo livelli preoccupanti nel nostro Paese.
Rispetto alla Nota del dicembre 2022, in cui si invitavano le Istituzioni scolastiche a limitare l’uso degli smartphone, la nuova circolare introduce degli aspetti nuovi.
L’invito diventa un obbligo ma limitato esclusivamente al primo ciclo di istruzione, ovvero dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, escludendo gli Istituti superiori.
Anche nel primo ciclo è tuttavia consentita una deroga, qualora l’utilizzo sia previsto dal Piano Educativo Individualizzato e/o dal Piano didattico personalizzato, per gli alunni con disabilità.
La Circolare inoltre, invita anche ad un utilizzo più responsabile del Registro Elettronico, accompagnando le notazione digitali a quelle sul diario personale.

Il profilo assicurativo

Al di là degli aspetti prettamente didattici o sociali, l’utilizzo dello smartphone a scuola ha più volte, creato disagi anche sotto il profilo assicurativo. Il mancato rimborso da parte degli assicuratori per i cellulari danneggiati colposamente oppure rubati hanno spesso creato dissapori tra le famiglie e la scuola.
Per questo motivo è utile ricordare che anche le polizze scolastiche escludono il danneggiamento delle cose in consegna o custodia a qualsiasi titolo o destinazione.
Inoltre le polizze dei beni, di norma, non prevedono smartphone e/o cellulari nelle coperture assicurative fermo restando la garanzia qualora vengano utilizzati per fini didattici.

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Infortunio dell’alunno durante la ricreazione

Interessante sentenza, quella della Corte di Cassazione di Roma che stabilisce come il cortile di una scuola è equiparato al luogo di lavoro. In caso di infortunio, la responsabilità diretta è quella del Dirigente scolastico, in qualità di datore di lavoro.

Il fatto

Gli eventi risalgono al 2016 in un Istituto Comprensivo della Lombardia. All’epoca dei fatti un alunno, durante la ricreazione, giocando con i compagni, era caduto in terra e un chiodo gli si era conficcato nella palpebra. La lesione ha comportare postumi invalidanti importarti tra i quali l’indebolimento permanente della vista.
Per l’accaduto, il Dirigente scolastico, era stato condannato in primo grado.
La Corte di Appello, pur riconoscendo le attenuanti generiche e l’attenuante del risarcimento del danno prima del giudizio, aveva comunque confermato la decisione del Tribunale. Il Dirigente scolastico veniva comunque condannato per lesioni colpose gravi egli veniva comminata una pena detentiva riconvertita in sanzione pecuniaria di 10.000 euro.
Avverso le prime due sentenze, la difesa del Dirigente aveva proposto ricorso in Cassazione. La difesa sosteneva che, nel caso specifico, non fosse applicabile la disciplina antinfortunistica. A parere della difesa, in questo caso, l’allievo non sarebbe qualificabile come lavoratore.

La sentenza della Cassazione

La Suprema Corte Penale, lo scorso mese di aprile ha confermato quanto già stabilito nei primi due gradi di giudizio.
Per la Cassazione, ai fini della determinazione della responsabilità per infortunio, il cortile di una scuola è equiparato al luogo di lavoro.
Il Dirigente è quindi ritenuto colposamente responsabile per negligenza, imperizia ed inosservanza della disciplina sulla prevenzione degli infortuni. In particolare per l’inosservanza degli Artt. 63 e 64 comma 1 lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Secondo la Cassazione, il Dirigente avrebbe: «consentito che nel citato cortile permanessero pessime condizioni di manutenzione, con buche, asperità del terreno, cordoli sconnessi con spigoli sporgenti e chiodi arrugginiti, ragion per cui l’alunno si era procurato le lesioni personali».
La Cassazione stessa comunque, ha fatto osservare che il reato contestato si era estinto per intervenuta prescrizione. Ha quindi annullato la sentenza impugnata senza il suo rinvio alla Corte territoriale di provenienza.

Il profilo assicurativo

Alla tutela obbligatoria prestata dall’INAIL, nei casi di infortunio sul lavoro, si associa quella dell’Assicurazione scolastica. La polizza integrativa risarcisce, oltre alle invalidità residuate dall’infortunato, anche le spese mediche dirette dell’infortunio.
Più articolato è l’aspetto relativo alle spese legali del Dirigente scolastico, per le quali potrebbe intervenire la polizza di tutela legale.

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Proroga dell’utilizzo della PCP ANAC

Con la comunicazione del 28 giugno 2024, l’ANAC ha disposto alcuni differimenti negli adempimenti in materia di digitalizzazione dei contratti.
L’aspetto più interessante è la proroga, fino al 31 dicembre 2024, dell’utilizzo della piattaforma PCP per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.
All’interno del tetto previsto, le Amministrazioni Pubbliche potranno quindi stipulare i contratti, i cui bandi saranno pubblicati entro il 31/12/2024, senza utilizzare le piattaforme certificate.
I contratti interessati saranno quelli relativi ai lavori, forniture e servizi previsti ai sensi della Delibera n. 584 del 19 dicembre 2023.
Il ricorso a piattaforme certificate (PAD) diventerà obbligatorio, anche per le procedure di questo tipo, ma solo a decorrere dal 1° gennaio 2025.

I contratti assicurativi

La proroga dell’utilizzo della PCP ANAC, è bene ricordarlo, riguarderà esclusivamente i contratti il cui importo è inferiore ai 5.000 euro.
Nella scuola, a conti fatti tuttavia, un numero estremamente esiguo di contratti assicurativi è interessato dal provvedimento. Tra questi, i contratti relativi alla RCA dei veicoli, e alcune formule di assicurazione dei beni. L’assicurazione multirischio, quella di Responsabilità Civile e Infortunio di studenti e operatori, anche alla luce della diffusione della poliennalità, ben difficilmente godrà di questa opportunità.
I contratti che invece, nella maggioranza dei casi, potranno godere di questa agevolazione sono quelli relativi al brokeraggio. Gli importi stimati in questo caso, nel comparto scolastico difficilmente superano il tetto stabilito anche nel caso di poliennalità.
Già oggi tuttavia molte Amministrazioni scolastiche, preferiscono stipulare i contratti sulle piattaforme certificate, anche sotto la soglia dei 5000 euro.

Se desideri maggiori informazioni sulla proroga dell’utilizzo della PCP ANAC per la stipula dei contratti assicurativi nella scuola, contattaci qui.

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Crolla il controsoffitto a scuola

Crolla il controsoffitto in una scuola primaria e dell’infanzia toscana. Lo riporta un articolo del TGR Toscana.

Il fatto

L’evento è accaduto nella notte dello scorso 24 giugno in una scuola di Terontola, nel comune di Tortona.
Nella struttura erano in corso i lavori di rimozione della copertura in amianto e l’installazione del nuovo tetto. Le infiltrazioni d’acqua, dovute alle intense precipitazione delle ore precedenti, unite ai lavori di ristrutturazione sarebbero la causa del crollo. I lavori erano iniziati dopo la fine dell’anno scolastico.
I locali interessati dal cedimento sono quelli della scuola primaria posta al primo piano. Al piano inferiore, ancora utilizzato dalla scuola dell’infanzia, si sono verificate solo delle infiltrazioni di acqua.
Il problema comunque è stato riscontrati prima dell’ingresso a scuola e non si lamentano danni alle persone. Dopo il sopralluogo effettuato dai tecnici, l’edificio è stato chiuso con ordinanza, a titolo precauzionale.

La responsabilità della manutenzione degli edifici scolastici

La sicurezza degli immobili ad uso scolastico è un problema ricorrente, costantemente segnalato ma il più delle volte disatteso. All’interno del PNRR, una parte degli stanziamenti nel comparto istruzione, è destinato proprio all’edilizia scolastica.
Rispetto al totale dell’investimento, risorse pari a 3,2 mld di euro, sono già state stanziate e autorizzate.
L’obiettivo è adeguare gli edifici pubblici adibiti a scuole di ogni ordine e grado, per renderli più innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi. Gli interventi riguardano la messa in sicurezza, l’adeguamento sismico, l’efficientamento energetico e, dove necessario, la sostituzione edilizia.
Gli edifici scolastici sono proprietà delle singole amministrazioni locali.
Ai sensi della Legge 11 gennaio 1996, n. 23, spettano all’Ente locale proprietario, oltre alla fornitura, anche la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile.
Il proprietario dell’immobile è responsabile della sicurezza del cantiere e della corretta esecuzione dei lavori di manutenzione anche qualora fossero affidati ad un soggetto esterno.
All’amministrazione scolastica spetta invece l’onere di verifica dello stato di conservazione e fruibilità dell’edificio. Grava sul Dirigente scolastico anche l’onere di tempestiva segnalazione al proprietario in relazione alla sicurezza dell’edificio.

Il profilo assicurativo

Le polizze scolastiche normalmente disponibili sul mercato, non coprono i danni all’edificio.
Sul mercato sono comunque disponibile particolari polizze per il Rischio Locativo che tutelano la scuola dai danni causati per un’errata condotta. Questo tipo di polizze tuttavia sono poco diffuse o vengono specificamente richieste qualora l’immobile non sia di proprietà dell’Ente Locale.
La copertura assicurativa per il rischio catastrofale è a carico del proprietario della struttura sia esso pubblico o privato.
In relazione alle polizze scolastiche è tuttavia bene verificare che non esistano limitazioni o esclusioni per gli alunni e gli operatori vittime di eventi catastrofali.
Una specifica attenzione andrà anche posta anche ai beni di proprietà dell’Istituto scolastico che potrebbero essere danneggiati in un evento catastrofale.
Un furto, per quanto grave, nella maggioranza dei casi, crea un danno parziale e limitato. Al contrario, un evento catastrofale potrebbe comportare la perdita o la distruzione di tutti i beni di proprietà dell’Amministrazione scolastica. In questi casi inoltre, al danno economico diretto, esiste il danno indiretto, legato alla perdita del servizio formativo agli studenti.

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Contratti a titolo gratuito

Cosa sono e come funzionano i contratti a titolo gratuito negli appalti pubblici? Ma soprattutto questa tipologia di contratti è prevista dal Codice?
Il quesito appare importante anche alla luce del fatto che il termine gratuito, appare spesso nelle determinazioni legate al servizio di brokeraggio assicurativo.
L’ANAC, con il comunicato ANAC del 5 giugno 2024, offre importanti precisazioni sull’argomento.

Che cos’è un contratto a titolo gratuito?

Il contratto a titolo gratuito è una forma particolare e relativamente sporadica, di contratto. Più semplicemente il contraente, a fronte di una prestazione, non ottiene dall’appaltante un riconoscimento economico, finanziario o patrimoniale. Il contratto a titolo gratuito quindi non è un contratto oneroso.
La questione, almeno dal punto di vista numerico, appare è abbastanza marginale. Risulta infatti difficilmente comprensibile il motivo per cui un professionista o un’impresa, offra un prodotto, una fornitura o una prestazione a titolo gratuito. Un operatore, per svolgere il proprio lavoro, affronta dei costi di esercizio a fronte dei quali si aspetta un differenziale economico di ritorno.
Esistono tuttavia casi, anche all’interno del mondo della scuola, di contratti a titolo gratuito, uno di questi è la donazione liberale. Il donante, per spirito di liberalità, vuole trasferire nel patrimonio del donatario un bene o una qualche utilità, senza ricevere nulla in cambio.
Un secondo caso è quello della pubblicità indiretta. L’affidatario in questo caso, a fronte di una prestazione, non percepisce un corrispettivo economico diretto, ma il suo vantaggio è il ritorno di immagine.

Il Codice dei Contratti

L’Art. 13 del D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, al comma (2) dispone che il Codice non si applica ai contratti a titolo gratuito. Il Codice non si applica neanche quando il contratto offra al contraente, un’opportunità di guadagno economico, anche indiretto.
Il successivo comma (5) impone tuttavia come tali contratti siano comunque affidati nel rispetti dei principi di risultato, fiducia e accesso al mercato. Fermo restando anche l’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi di cui all’Art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241.
Come precisa l’ANAC, l’esclusione dei contratti a titolo gratuito dall’ambito di applicazione del Codice non è incondizionata. Le Pubbliche Amministrazioni dovranno in ogni caso preventivamente verificare la sussistenza di tutte le condizioni di legittimità e opportunità dell’affidamento.
Anche per i contratti a titolo gratuito quindi, l’Amministrazione dovrà verificare che gli operatori non siano esclusi ai sensi degli Artt. 94, 95 e 98 del Codice.
Inoltre, le Amministrazioni appaltanti dovranno considerare attentamente la competenza, l’affidabilità e l’adeguatezza dell’operatore economico per la prestazione richiesta.
Come per i contratti a titolo oneroso, l’Amministrazione appaltante infine dovrà pubblicare in: Amministrazione trasparente tutti i processi effettuati.

Il mandato di brokeraggio assicurativo

Il mandato di intermediazione assicurativa (brokeraggio) non rientra tra i contratti a titolo gratuito.
Il Legislatore, con il D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, all’Art. 120 bis, stabilisce precisamente quest’aspetto definendo le possibili modalità di erogazione del compenso. Sull’onerosità dell’incarico nella Pubblica Amministrazione, nel corso degli anni, si sono espresse a più riprese sia l’A.N.A.C. che l’A.G.C.M. Sulla questione, in ambito scolastico, oltre ai numerosi Uffici Territoriali, lo stesso Ministero dell’Istruzione ha dato un preciso indirizzo attraverso il Quaderno 4 del novembre 2021.
«In ogni caso, – riporta il Ministero –  è da ritenersi ormai superata la tesi della gratuità del servizio in parola, come anche chiarito dalla Determinazione A.N.A.C. n. 2 del 13 marzo 2013».
Il contratto di brokeraggio assicurativo rimane un contratto oneroso anche se l’onere è traslato su un altro soggetto (l’assicuratore) diventando quindi un onere indiretto.
Per questo motivo, in fase di affidamento del servizio di brokeraggio, è necessario stimare l’importo della prestazione e richiedere il Codice Identificativo Gara (CIG). La precisazione è contenuta nella FAQ A11 che l’A.N.A.C. mette a disposizione delle Amministrazioni Pubbliche in relazione all’obbligatorietà dell’acquisizione del CIG.

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Scherzo a scuola finito male, condannati i genitori

È dei giorni scorsi la notizia secondo la quale la famiglia di un’alunna è stata condannata a pagare i danni causati a una compagna. Lo riporta nel dettaglio un articolo de “il Corriere della Sera”.

Il fatto

Gli avvenimenti risalgono al 2013, nella scuola media di Impruneta, a pochi chilometri da Firenze.
A un’alunna, che stava per sedersi al banco, una compagna di classe, per scherzo, spostò improvvisamente la sedia facendola cadere a terra. Per effetto dell’urto, contro il muro e il pavimento, l’alunna riportò un trauma cranico, la rottura degli occhiali e dei denti.
L’assicurazione scolastica pagò 2.800 euro a titolo di risarcimento per le cure ortodontiche, oculistiche e per il trauma cranico. Ciò nonostante la famiglia dell’infortunata decise comunque di dar corso a un’azione giudiziaria contro la scuola, per omesso controllo e contro i genitori della responsabile.
In fase dibattimentale i legali che assistevano l’alunna che ha provocato il danno hanno cercato di dimostrare la non intenzionalità di recare danno. Secondo i legali l’evento sarebbe stato solo conseguenza di una «gioiosa contesa tra due amiche».
Nelle motivazioni della sentenza, il tribunale di Firenze s’è espresso in modo differente. Secondo il giudice la condotta dell’alunna danneggiante è colposa e non può essere giustificata in un’ottica di gioco. L’età delle studentesse, superiore ai 12 anni, era infatti sufficiente a comprendere quali sarebbero state le conseguenze delle proprie azioni.
Secondo il tribunale quindi, i responsabili dell’accaduto sarebbero i genitori, tenuti a educare i figli al corretto comportamento nel contesto scolastico.
L’evento quindi, non è responsabilità della scuola, bensì: «Dimostra l’inadeguatezza dell’azione educativa del genitore e dunque la sua responsabilità».
I genitori dell’alunna responsabile dovranno riconoscere all’alunna danneggiata con 5.000 euro per i danni morali e la sofferenza emotiva.

L’aspetto normativo e il patto di corresponsabilità educativa

L’art. 2048 del Codice Civile elenca una serie di soggetti: «responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati». Tra questi sicuramente la scuola, in qualità di precettore, ma prima di tutti il padre e la madre, o il tutore. Parallelamente al Codice Civile è opportuno anche considerare il D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235 relativo al Patto educativo di corresponsabilità tra scuola e famiglia.
Il Patto di corresponsabilità è il documento che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare.
Il documento, firmato dai genitori contestualmente all’iscrizione a scuola, diventa lo strumento di base dell’interazione scuola-famiglia.
In virtù di quest’aspetto i due soggetti, collaborano all’educazione degli alunni in modo sinergico. Ci troviamo quindi di fronte a un continuum educativo tra il processo di acquisizione delle competenze scolastiche e l’aspetto educativo comportamentale tipico della famiglia.

L’assicurazione scolastica

Sul fronte assicurativo all’alunna, fin dalla prima fase del sinistro, è stato riconosciuto il pagamento di tutte le spese mediche derivanti dal sinistro.
Qualora inoltre il giudice avesse rilevato una responsabilità diretta della scuola per carente o mancata vigilanza, la polizza assicurativa avrebbe tutelato l’Istituto anche per quest’aspetto.
L’assicurazione scolastica invece non tutela la famiglia dell’alunna che ha causato il danno in quanto non ricompresa tra gli assicurati nel caso specifico.

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Alunno iperattivo sospeso perché “disturba”

Un alunno di sei anni della Provincia di Roma, affetto da deficit di attenzione (ADHD), è stato sospeso dal Consiglio di Istituto per 21 giorni. Lo riportava un articolo di “Sky TG24” dello scorso mese di marzo.

Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività) rientra tra i Disturbi del Neurosviluppo ed è stimata in circa il 5% dei ragazzi in età scolare.
Non sono ancora del tutto chiari i meccanismi alla base dell’insorgenza del disturbo anche se è ipotizzabile la disfunzione biologica di alcuni neurotrasmettitori.
I disturbi si manifestano nel periodo dello sviluppo e si caratterizzano per un deficit che causa una compromissione nel funzionamento personale, sociale e scolastico.
L’ADHD si associa spesso a disturbi Oppositivo-Provocatori e al Disturbo della Condotta.
L’alunno manifesta difficoltà nel mantenere la concentrazione, nella gestione dei propri impulsi e nel controllo motorio. Tali comportamenti possono presentarsi singolarmente o in modo combinato.
L’ADHD è caratterizzato da alti livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività.

Il fatto

Alla fine dello scorso mese di febbraio, in una scuola del Lazio, un alunno di prima elementare, affetto da ADHD certificata, è stato sospeso per 21 giorni perché iperattivo.
La famiglia si rivolge al Tribunale Amministrativo Regionale che trasmette alla scuola un decreto sospensivo con cui intima di riammettere l’alunno. All’alunno, secondo il TAR, dovrà anche essere garantita la presenza di un docente di sostegno. La scuola nega all’alunno l’accesso poiché non sarebbe stata ancora presa visione della comunicazione dei giudici. La famiglia si rivolge quindi al Ministro e l’alunno viene riammesso a scuola ma qualche giorno dopo viene rimandato a casa. Secondo il Dirigente l’alunno sarebbe ingestibile e la scuola è ancora priva del docente di sostegno.
Il Ministero invia gli ispettori per appurare eventuali comportamenti errati del dirigente che, nel frattempo viene sospeso e al suo posto nominato un reggente.
L’ultimo capitolo della vicenda arriva in questi giorni con la sentenza del Tar che si esprime a favore della famiglia.
Secondo il Tribunale Amministrativo, il provvedimento disciplinare della scuola: «Non era finalizzato a sanzionare il minore bensì a perseguire un altro fine». Secondo il legale della famiglia: «La sospensione era stata motivata dalla difficoltà di non avere ore sufficienti di sostegno».
Il Tribunale Amministrativo impone anche alla scuola il risarcimento alla famiglia di 2 mila euro per le spese legali.

Il profilo assicurativo

La polizza assicurativa integrativa, di norma, non paga il risarcimento delle spese legali. Nell’apposita sezione infatti sono escluse le vertenze tra gli assicurati della stessa polizza.
Le spese non vengono pagate neanche nella sezione di Responsabilità Civile. La famiglia non ha infatti preteso un risarcimento per il “danno” subito.
In questo caso le spese potrebbero essere risarcite dalla polizza di Responsabilità Civile patrimoniale, nei casi previsti, oppure dalla polizza di Tutela Legale del Dirigente.
La polizza infatti prevede le Spese di Soccombenza conseguenti al fatto illecito ai sensi dell’Art. 1917, comma 1, del Codice Civile.

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Il docente non comunica l’infortunio

Un docente dipendente del nostro Istituto superiore, nel recarsi a scuola è caduto inavvertitamente dal proprio ciclomotore. Nella caduta ha riportato la frattura di un piede e alcune contusioni al costato. Al Pronto Soccorso, in cui s’è recato, gli sono stati prescritti 30 giorni di prognosi. Il docente tuttavia ha omesso di comunicare che l’evento è avvenuto mentre si stava recando al lavoro. Il giorno successivo l’insegnante è regolarmente rientrato a scuola con le stampelle senza tuttavia produrre alcun certificato medico. Al Dirigente, che gli chiedeva spiegazioni sul suo stato di salute, ha dichiarando che gli adempimenti di fine anno e gli esami di maturità non potevano permettergli l’assenza. La scuola è tenuta a fare comunque denuncia di infortunio all’INAIL? Qualora non lo facesse, il Dirigente Scolastico potrebbe essere sanzionato? La polizza scolastica integrativa tutela il danno?

Le posizioni assicurative in questo specifico caso sono due: all’assicurazione obbligatoria erogata dall’INAIL, si aggiunge la polizza assicurativa stipulata dalla scuola. INAIL e Assicurazione privata hanno gestioni diverse ma il sinistro è lo stesso, per questo motivo e le denunce prevedono processi analoghi.

INAIL

L’infortunio in itinere del dipendente rientra nell’ambito di tutela obbligatoria dell’INAIL e, pur con tutte le specifiche del caso, è considerato infortunio sul lavoro.
Il dipendente che si infortuna, nell’ambito della copertura prevista, dovrà darne immediatamente notizia al datore di lavoro, anche per lesioni di «lieve entità». Questo passaggio è esplicitamente previsto dall’Art. 52 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Ai sensi della norma quindi, oltre alla dinamica dell’evento il lavoratore dovrà produrre il certificato medico nel quale dovranno essere indicati il numero identificativo del sinistro, la data del rilascio e i giorni di prognosi.
A sua volta il Dirigente Scolastico, acquisita la certificazione, dovrà effettuare, attraverso il SIDI, la denuncia all’INAIL entro le 48 ore dalla data di ricevimento. Non ottemperando a tali obblighi, l’infortunato potrebbe perdere il diritto all’indennizzo e il Dirigente potrebbe subire una sanzione amministrativa pecuniaria.

Assicurazioni integrativa

I migliori prodotti disponibili nella scuola prevedono la tutela assicurativa per i dipendenti, che hanno pagato il premio, anche per l’infortunio in itinere.
Analogamente a quanto previsto per la denuncia all’INAIL, per attivare le garanzie previste dall’assicurazione integrativa, il dipendente dovrà produrre il certificato medico.
Il certificato medico infatti prova come l’infortunio sia accaduto all’interno dell’ambito di tutela prevista dall’assicurazione.
Nel caso della polizza integrativa i termini per l’inoltro della denuncia potrebbero essere meno stringenti, normalmente 30 giorni dalla data dell’evento.

La responsabilità

Ai sensi della normativa sopra richiamata, la denuncia di infortunio è un obbligo per il lavoratore. Il certificato medico è l’elemento indispensabile per effettuare la denuncia sia all’INAIL che, eventualmente, alla Società che gestisce la polizza integrativa. Tecnicamente quindi, il lavoratore che non dichiara come le circostanze dell’infortunio siano riconducibili all’attività lavorativa e non produce certificato medico, compie un’infrazione. La responsabilità della mancata produzione del certificato medico e della dinamica dell’evento grava esclusivamente sul dipendente e non potrà essere addossata al Dirigente.
La domanda di fondo comunque rimane: il dipendente infortunato potrà comunque lavorare?
Ai sensi del Testo Unico, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto a garantire la sicurezza nel posto di lavoro. Il lavoratore infortunato potrà quindi fare richiesta al Dirigente per continuare a lavorare ma sarà quest’ultimo a doverla accordare a due condizioni. Innanzitutto che l’attività non pregiudichi o ritardi la guarigione del sinistro e, in secondo luogo, che esistano tutte le condizioni per operare in piena sicurezza.
A tal fine, il Dirigente potrà anche acquisire un certificato medico contenente le necessarie indicazioni per il reinserimento del lavoratore durante il periodo di prognosi. Per quest’aspetto il Dirigente potrà giovarsi anche del parere del medico competente.

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